lunedì 1 ottobre 2007

DIEGO ZUCCA - ESSERE LINGUAGGIO DISCORSO. ARISTOTELE FILOSOFO DELL’ORDINARIO



















PREFAZIONE Dl LUIGI RUGGIU

A partire dalla cosiddetta “svolta linguistica” della filosofia, si sono imposte nel pensiero contemporaneo un’idea e una pratica dell’impresa filosofica come analisi semantica e chiarificazione di concetti, oltre che come argomentazione. Spesso però, nonostante i continui “ritorni ad Aristotele” invocati nella filosofia contemporanea entro i campi più svariati - dall’etica alla politica, dall’ontologia alla filosofia della mente e alla filosofia della vita - si trascura che è proprio Aristotele ad aver inaugurato l’approccio semantico-concettuale ai problemi filosofici, sì da poter essere considerato a pieno titolo il primo “filosofo del linguaggio ordinario”.
In questo libro Diego Zucca ripercorre originalmente la filosofia aristotelica mostrando i molti modi in cui il linguaggio ordinario, come sistema di strutture e colleffore di contenuti, prestazione bio-cognitiva tipicamente umana, deposito sociale di norme, regole e intuizioni, sia scandagliato e valorizzato da Aristotele con una profondità e una sistematicità tali da fare del filosofo un potente anticipatore della sensibilità metodologica contemporanea.

1 commento:

la scala e l'album ha detto...

Lo squalo e la torpedine
di Alessandra Lisini - 21/03/2007


Diego Zucca
Essere linguaggio discorso - Aristotele filosofo dell’ordinario
Mimesis Edizioni, 2006
euro 29, pagg.391

Se è vero che nella sua svolta linguistica la filosofia contemporanea ha ricondotto con forza la realtà e l’esperienza della realtà al linguaggio, giungendo talora a tassonomie altamente specializzate, scientifiche, dimenticando però che il punto di partenza è sempre la “vulgaere Verstaendnis” - così pare suggerire Luigi Ruggiu nella prefazione -, allora recuperare Aristotele e comprenderne passo passo categorie, punti di omologia o collisione con i contemporanei e i predecessori (Socrate, Platone, i monisti, i sofisti) potrebbe non essere un’operazione anacronistica o gratuita.
Per definire un Aristotele “filosofo dell’ordinario” Zucca ha quindi provato a ripercorrere con rigore filologico e coraggio sinottico il metodo dialettico aristotelico, evidenziandone l’importante ricaduta non solo sul linguaggio ordinario ma anche sul discorso scientifico. Superata una volta per tutte la considerazione che il linguaggio di cui si parla nei testi analizzati sia il greco e non un’altra lingua e che questo non inficia la possibilità di estendere il metodo dialettico ad altre lingue e quindi al “linguaggio”, evidenziando come in Aristotele già a partire dal linguaggio di una comunità di parlanti, sia possibile esercitare l’attività dialettica procedendo da un “discorso come langue al discorso come parole”, Zucca mostra innanzitutto come in Aristotele due qualsiasi parlanti nel loro discorrere quotidiano abbiano la possibilità di giungere a risultati veritativi e successivamente, sciolto il nodo dell’essenza aristotelica, questi primi risultati siano un punto d’avvio del processo conoscitivo in quanto naturalmente assai prossimi al sapere ontologico. La verità scientifica risulta così “predeterminata” dalle verità del linguaggio ordinario, ne rappresenta una specializzazione che non può mai considerarsi avulsa dalla sua origine linguistica e di primitiva ricerca: l’indagine linguistica è il primo strumento di indagine quando si inizia a scandagliare il significato dei nomi delle cose e arriva a chiedersi dell’essenza delle cose stesse. Non si può insomma andare in giro pretendendo di potere fare a meno del linguaggio, come Cratilo che ritenendolo fallace rinunciò a parlare e prese a indicare gli oggetti con il dito, bensì a partire dal linguaggio stesso si può crescere in conoscenza. In questo processo l’ontologia viene ricostruita, più che dedotta, perché i passaggi interni al linguaggio ordinario sono gli stessi di ogni linguaggio “superiore” e con essi si passa da una “conoscenza opaca a una trasparente”. Parlare di sostanza, tempo, dire come una cosa sia, cosa sia, quando sia, e poi perché, sono determinazioni e categorizzazioni del cosiddetto “senso comune”, articolazioni più specifiche della (socratica) domanda primaria in qualsiasi indagine (ti estì, “che cosa è…”) tramite cui dai concetti ordinari e a partire al terreno d’indagine dell’ordinario per Aristotele si giunge a una ridefinizione dell’opinione comune: la communis opinio, “l’esperienza prefilosofica e condivisa del mondo è un’attitudine consueta per Aristotele, attitudine che possiede una rilevanza metodologica”.
Se per Platone la dialettica è un confronto successivo tra essenze, e non tra opinioni (èndoxa), in sé fallaci, per Aristotele l’apprensione dell’essenza può darsi in quell’insieme di argomentazioni che partendo dagli èndoxa, le opinioni, i giudizi primi sui fenomeni e i fenomeni stessi accerchiano per gradi l’essenza; negli “squali” Platone e Aristotele una serie di cerchi concentrici definiscono successivamente le cose fino all’evidenza finale, quella ontologica, dell’essenza e dell’identità; laddove Socrate invece fa la torpedine, facendo scattare “la coerenza reciproca di più credenze” confutando direttamente o indirettamente le incoerenze. Ma a ben vedere anche Aristotele recupera il sistema della confutazione, per quanto spurgato dalle scorrettezze dei sofisti; soltanto lo riabilita al linguaggio, fa dei suoi termini una tecnica (la dialettica, la sua dialettica) che non è un sapere detenuto da pochi come in Platone, ma è un’arte universalmente esercitata e che ha come oggetto i luoghi comuni dell’ordinario.
In una sorta di liberazione o, come dice Zucca, nella “esplicitazione” delle essenze a partire dal linguaggio, l’ottimismo linguistico-comunicativo e ontologico di Aristotele appare evidente. E insieme a questo, il successo del linguaggio quale fenomeno dell’ordinario e ad esso intimamente legato in quanto tecnica rivelatrice, strumento di conoscenza, oltre che discriminante zoologica dell’uomo in quanto animale bipede parlante (prima che politico). Almeno finché ci sarà qualcuno capace di enunciare “Socrate” “è” “un” “uomo” , sottendendo princìpi cardine quali l’identità, o anche che sappia riconoscere fra tutte le determinazioni possibili quelle accidentali e quelle perduranti di sostanza ed essenza, e sappia quindi compiere linguisticamente gesti quali il riconoscimento della propria caffettiera “così come ogni mattina da qualche anno ho quotidianamente a che fare con la stessa caffettiera, seppure essa sia visivamente cangiante, perda colore, migliori le sue qualità o prestazioni con l’uso, abbia subito la sostituzione del manico e del filtro: l’identità numerica è qualcosa di primitivo e originario nel nostro mondo ordinario e nel linguaggio che ne parla. È qualcosa che spiega più che dover essere da altro spiegata”.

(pubblicato su Stilos del 20/3/2007 in versione ridotta)

[Diego Zucca (nella foto), Ph.D., è nato nel 1976. Ha studiato filosofia antica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Sorbonne Paris IV, e Humboldt Universitaet di Berlino. Attualmente si occupa di problemi relativi al rapporto tra percezione, inferenza e azione presso l’Università di Edimburgo, cercando di stabilire nessi teoretici tra filosofia antica e contemporanea]