mercoledì 7 novembre 2007

mercoledì 3 ottobre 2007

ROBERTA DREON - IL SENTIRE E LA PAROLA. LINGUAGGIO E SENSIBILITA' TRA FILOSOFIE ED ESTETICHE DEL NOVECENTO



















Come possono essere interpretate le relazioni tra la sensibilità e la comunicazione umana? La concezione diffusa per cui il linguaggio servirebbe alla trasmissione di dati originariamente provenienti dall’esperienza percettiva è ancora sostenibile? Oppure la svolta linguistica ed ermeneutica hanno ormai dissolto la consistenza di ogni richiamo alla percezione? Come è possibile differenziare nettamente l’esperienza sensoriale dalla sensibilità affettiva e dalla rilevanza esistenziale del sentire umano? E, sull’altro versante, vale la pena allargare la nozione di linguaggio a ogni forma di significazione e di comunicazione?
Sostenendo la tesi di fondo dell’indistricabilità delle due componenti dell’esistenza umana - ovvero del loro tenersi insieme nel radicamento naturale del linguaggio, da un lato, e nella sua retroazione su una sensibilità già partecipata e intessuta di significato, dall’altro -, il volume si compone di ricerche che tengono sullo sfondo un simile grappolo di domande in alcuni tra i filoni centrali della produzione filosofica del novecento: dal pragmatismo di Dewey all’ermeneutica di Heidegger e di Gadamer, alla fenomenologia di Merleau-Ponty. Un’attenzione particolare è diretta al risvolto estetico delle questioni, con studi che mettono a tema i contributi in queste direzioni di alcuni protagonisti del dibattito del secolo scorso – da Jauss e Iser sul fronte europeo, a Danto, Hagberg, e Shusterman per l’estetica americana.

MATTEO FAVARETTI - LEIBNIZ E LA CONOSCENZA SIMBOLICA




















INTRODUZIONE DI LUIGI PERISSINOTTO

Con i suoi studi sulle lingue storico-naturali e sui linguaggi artificiali, Leibniz è tra i filosofi che più hanno segnato la storia del pensiero linguistico. Ma come si articolano questi molteplici interessi nel sistema della filosofia leibniziana? Il volume propone una chiave di lettura unitaria: rileggere i testi di Leibniz sui segni e sul linguaggio a partire dalla sua teoria della conoscenza, e precisamente dalla nozione di pensiero cieco o simbolico. Presenti nell’opera del filosofo fin dai primi scritti, le riflessioni sulla cogitatio caeca, che usa parole e segni al posto di idee, rappresentano per molti aspetti una svolta rispetto al modo in cui tradizionalmente era concepito il rapporto tra pensiero e linguaggio. Si tenta qui di ricostruire i lineamenti di questa teoria, mettendone in luce la presenza, più o meno nascosta, in ambiti speculativi apparentemente molto distanti: dalle prove dell’esistenza di Dio agli interrogativi morali, dalla costituzione degli oggetti materiali al problema della certezza e della fondazione del sapere.

ANNALISA ROSSI - POSSIBILITA' DELL'IO. IL COGITO DI DESCARTES E UN DIBATTITO CONTEMPORANEO: HEIDEGGER E HENRY


















PREFAZIONE DI MARIO RUGGENINI

Che cosa intendiamo quando diciamo: cogito ergo sum? - Penso, esisto in quanto pensante. E questa è l’unica cosa di cui per Cartesio, uno dei più grandi pensatori della nostra tradizione occidentale, non è mai possibile dubitare. Si tratta, in effetti, di una tesi fondamentale che appartenendo alla storia del Seicento ha vantato in tempi più recenti forse il primato dell’uso/abuso di una formula filosofica perfino a mo’ di slogan, pur vantando nel contempo una chiarezza intuitiva solo apparente. E per questo che il cogito di Cartesio appartiene anche al pensiero contemporaneo: per l’interesse e la problematicità suscitati dall’idea che la prova della nostra esistenza consiste nella nostra capacità di pensiero. Si intuisce come qui siano implicate molte questioni, filosofiche e culturali, legate in primo luogo alla natura dei rapporti fra il pensiero e l’azione, la mente e il corpo. Ma che ci portano presto a interrogarci sull’opportunità di un cambio di prospettiva rispetto a una teoria della certezza incontrovertibile della presenza di sé a se stessi.
Infatti, l’essere capaci di pensiero è una possibilità dell’io che consente altre vie interpretative e che mette qui in gioco due voci filosofiche contemporanee
- Heidegger e Henry - per poi invitare a pensare una teoria dell’autocoscienza che non consacri l’io come principio di tutte le cose, nè perciò del mondo, della verità, del senso

lunedì 1 ottobre 2007

DIEGO ZUCCA - ESSERE LINGUAGGIO DISCORSO. ARISTOTELE FILOSOFO DELL’ORDINARIO



















PREFAZIONE Dl LUIGI RUGGIU

A partire dalla cosiddetta “svolta linguistica” della filosofia, si sono imposte nel pensiero contemporaneo un’idea e una pratica dell’impresa filosofica come analisi semantica e chiarificazione di concetti, oltre che come argomentazione. Spesso però, nonostante i continui “ritorni ad Aristotele” invocati nella filosofia contemporanea entro i campi più svariati - dall’etica alla politica, dall’ontologia alla filosofia della mente e alla filosofia della vita - si trascura che è proprio Aristotele ad aver inaugurato l’approccio semantico-concettuale ai problemi filosofici, sì da poter essere considerato a pieno titolo il primo “filosofo del linguaggio ordinario”.
In questo libro Diego Zucca ripercorre originalmente la filosofia aristotelica mostrando i molti modi in cui il linguaggio ordinario, come sistema di strutture e colleffore di contenuti, prestazione bio-cognitiva tipicamente umana, deposito sociale di norme, regole e intuizioni, sia scandagliato e valorizzato da Aristotele con una profondità e una sistematicità tali da fare del filosofo un potente anticipatore della sensibilità metodologica contemporanea.

SEBASTIANO GALANTI GROLLO - HEIDEGGER E IL PROBLEMA DELL'ALTRO




















PREFAZIONE DI LEONARDO SAMONÀ

Il pensiero filosofico contemporaneo, specie in ambito fenomenologico-¬ermeneutico, ha affrontato il problema dell’altro rimarcandone innanzitutto la dimensione etica, sulle tracce di Lévinas. Laltro può tuttavia assumere volti diversi, tra i quali vi è senza dubbio quello concretissimo, che ci appella in prima persona, dell’altro uomo, ma vi è anche la figura di un Altro che assomiglia al Dio unico delle religioni monoteiste, ed infine è possibile riferirsi ad un’alterità differente, che chiama l’uomo a rispondere di sè. Su questa linea si pone il presente lavoro, che affronta il problema dell’altro muovendo dal pensiero di Martin Heidegger e in particolare dal concetto di ‘evento’ elaborato nei Beiträge zur Phiosophie (Vom Ereignis), risalenti agli anni 1936-38 e pubblicati nel 1989. lì problema dell’altro non è affatto diverso dalla questione dell’essere, ma è la stessa questione considerata per l’appunto nella prospettiva dell’evento, nel quale l’essere si sottrae in quanto ‘altro’ dall’esistenza. L’essere è pensato infatti come l’evento che, donandosi all’esistenza, le si sottrae, aprendo l’ambito spazio-temporale in cui l’uomo è chiamato alla responsabilità.

BARBARA CHITUSSI - FILOSOFIA DEL SOGNO. SAGGIO SU WALTER BENJAMIN



















PREFAZIONE DI LUIGI PERISSINOTTO

“Il risveglio imminente - ha scritto Walter Benjamin - sta il cavallo di legno dei Greci nella Troia del sogno”. Per questo egli ha concepito il suo ultimo lavoro, il Passagenwerk, quale autentica immersione nelle immagini oniriche del XIX secolo. Il sogno non era per lui un semplice opposto della veglia, ma il suo essenziale correlato dialettico.
A partire da questa idea, il saggio ricostruisce la benjaminiana “dialettica in stato d’arresto”, in cui verità e inganno, passato e presente, sogno e veglia vibrano l’uno nell’altra e oscillano in uno scambio continuo, talmente rapido da risultare impercettibile.